Gli autisti e la contessa
Maurizio Piussi
19.03.2007
Già nel 1848 Carlo Alberto di Savoia rincorreva l?unità d?Italia, ma non avendo le forze militari sufficienti a sloggiare chi a diverso titolo vi governava, pensò bene di bruciare i tempi alleandosi con Napoleone III, allora imperatore di Francia.
Questi ben volentieri scese nella penisola, ma non per fare gli interessi di casa Savoia, bensì quelli della sua Francia (d?altronde come biasimarlo); infatti non appena gli capitò l?occasione strinse un patto col nemico che era venuto a combattere lasciando di sasso il povero Carlo Alberto, il cui errore non fu quello di volersi avvalere di un alleato, bensì quello voler bruciare i tempi.
Anche la nostra Italia, quella degli autisti, è come allora, non unita: infatti non esiste, ad oggi, un profilo professionale unitario che possa definire questi operatori in modo uniforme dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia.
Esistono innumerevoli situazioni, dove ognuno fa più o meno quello che vuole.
Per moltissimi di noi risulta chiaro che una definizione della nostra professione, dei criteri d?accesso e di quelli formativi nonché dei parametri per poterla esercitare sarebbe ora indispensabile.
Tuttavia, se è chiaro l?obiettivo, non affatto chiaro è il come raggiungerlo e soprattutto quali alleati far scendere al nostro fianco.
Alcuni pensano al sindacato come la struttura che dovrebbe occuparsi del loro principale problema e portarlo a compimento, altri al primario del locale 118 o PS, altri ancora al politico di turno.
Il problema è che il sindacato per muoversi (quando e se si muove) necessita di istanze organizzate; cento autisti non possono riferire al sindacato 100 problemi diversi e pretendere soluzione per ognuno di essi.
Il primario si muove solo glie ne viene qualcosa. ?Ingraziarselo? costa, 8 volte su 10, molto di più di quello che si riceverà in cambio, anche considerando il fatto che di solito va ?dove tira il vento?, per cui stringe facilmente patti col ?nemico?.
Il politico è misterioso, vive in un mondo tutto suo, lontano dalla realtà e si muove per ?quantità?: prima di fare un passo vi chiede ?quanti siete??.
Risulta chiaro, come l?esperienza di Carlo Alberto insegna, che non si può mettere il carro davanti ai buoi, ovvero prima di rivolgersi al sindacato, prima di andare dal primario o di contattare un politico bisogna aver fatto un lavoro a monte.
Bisogna aver creato un?organizzazione, una struttura sovra-regionale, avere riunito un gran numero di colleghi, raccolto i problemi, averne operata la sintesi e redatto documenti comuni.
Questa struttura c?è, è il Co.E.S. Italia e proprio per la sua ragione d?essere ha bisogno anche del vostro sostegno.
In 10 anni il Co.E.S. Italia ha tessuto rapporti tra moltissimi colleghi di diverse regioni d?Italia, rapporti che sono serviti a conoscerci e a scambiarci informazioni; abbiamo realizzato convegni dove le abbiamo trasformate in istanze, abbiamo partecipato ad incontri coi vertici nazionali del sindacato dove le abbiamo fatte conoscere ed infine abbiamo redatto la proposta di profilo professionale per darci un?identità ufficiale.
Non siamo riusciti a portare a termine, per il momento, la questione del profilo, la nostra ?unità d?Italia? degli autisti.
Ci è mancata una? ?cugina?.
Si, perché l?unità d?Italia alla fine si fece, ma il merito non fu solo di Cavour.
Ciò che i libri di storia vergognosamente tacciono è il ruolo fondamentale avuto da sua cugina acquisita, Virginia Oldoini Verasis, contessa di Castiglione.
Donna dalla bellezza e dal fascino indiscusso (oltre che di acuta intelligenza) manipolò Napoleone III e tra i piaceri del talamo lo convinse a scendere in campo con Vittorio Emanuele III per scacciare gli austriaci dal Lombardo-Veneto.
Ah, se anche noi autisti avessimo avuto una cugina come quella di Cavour da infilare nel letto del Ministro della sanità?