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Mio Dio, come sono caduta in basso...

Maurizio Piussi

08.10.2007

 

Era il titolo del primo film vietato ai minori che ho visto di nascosto (dato che ero minore); una Laura Antonelli in splendida forma vestiva i panni di una donna che, travolta dagli eventi, discendeva tutti i gradini della comune scala morale.

 

?Mio dio, come siamo caduti in basso? potrebbe invece essere il titolo più pertinente per l? immorale vicenda di un gruppo di autisti ?volontari? di Foggia e segnalata da un collega.

La descrizione integrale del fatto si può trovare presso questo sito.

 

In sintesi, l?autore dello scritto si presenta come un?autista soccorritore degli ?operatori volontari? 118 di Foggia, ed aggiunge che il ?volontariato? che pratica il suo gruppo è sostanzialmente una sorta di lavoro nero, in cui, oltre ad un?esigua retribuzione, non esistono garanzie di sorta.

Il ?volontario? segnala inoltre che tutte le promesse d?assunzione e le battaglie sostenute per approdare ad un lavoro regolare sono cadute nel nulla.

 

Lo scritto, molto interessante sotto tanti aspetti, scatena inevitabilmente alcune considerazioni riguardo al volontariato, prima fra tutte quella inerente a ciò che, a volte, si nasconde sotto al termine ?volontariato?.

Quando percepiamo il suono di una parola, il nostro cervello lo associa ad un significato specifico attraverso la raffigurazione di un colore, una figura, una situazione e via dicendo, quantomeno per tutti coloro che decidono di parlare una data lingua.

 

In italiano, per esempio, al suono ?volontariato? corrisponde il significato di un?attività gratuita e per questo ammirevole; e dal momento che nessuno va volontario a scavare nelle miniere, ma in genere si dedica ad un qualche servizio ai bisognosi, il nostro cervello lo associa automaticamente al concetto di lodevolezza.

 

E allora, visto che il termine ?volontariato?, con l?aureola che si ritrova, magari ha il potere di tenere lontano anche il fisco, perché non usarlo come copertura per continuare a trafficare impuniti con il lavoro nero e lo sfruttamento?

In fondo, poi, l?unico che ci rimette veramente è il volontariato vero e proprio, che ne viene inesorabilmente insozzato.

 

E a questo punto, però, la riflessione è duplice: da una parte dobbiamo chiederci quali sono le motivazioni profonde che spingono un individuo a prestare gratuitamente la propria opera, a dedicarsi al volontariato, per intenderci, e dall?altra quali sono le motivazioni per le quali un ente si appoggia al volontariato per portare avanti la sua attività.

Fare volontariato è dunque una sincera pulsione verso gli altri, come per esempio la compassione, o è un moto più orientato verso se stessi, come potrebbe essere l?aspettarsi un?assunzione, come in questo caso, o un bisogno di protagonismo?

 

Quell?articolo che esprime l?indubbia e legittima esasperazione per l?essere sfruttati e presi in giro, descrive il lavoro come ??utile, bello, efficace?? ma anche duro e pericoloso (??delinquenti?sulle strade? sotto neve e vento, sotto il sole??): questo dovrebbe dare più valore alle lamentele espresse, comunque giustissime, mentre invece il non pagare o assicurare per esempio uno spazzino dovrebbe sconvolgere di meno?

Ma signori, un ?volontario? è per definizione un operatore non retribuito!

Quindi discutiamo di lavoro nero e di tutta l?indecenza che ne consegue, battiamoci per risolverlo, ma per favore evitiamo di chiamarlo volontariato solo per impietosire di più ed accentuare lo scandalo!

 

È altresì vero che le rivendicazioni del ?volontario? foggiano non vanno soffocate, vanno urlate!

Ma occorre farlo tantopiù perché è ora che il volontariato, quello vero, quello meritorio di lode, perché è il gesto di chi regala il proprio tempo e la propria capacità per aiutare gli altri, NON VADA CONFUSO con il lavoro nero e lo sfruttamento dei lavoratori.

Il volontariato ed il lavoro retribuito viaggiano su due binari diversi!

 

Questa consapevolezza è necessaria per evitare di finire preda di quegli individui che sanno come approfittare, per propri tornaconti politici o economici, delle necessità obiettive o delle pulsioni dell?animo degli altri, come per esempio il datore di lavoro che sfrutta la disperazione e la speranza di alcuni individui per lucrare a piene mani sulla loro attività, o come gli appaltatori del servizio che avvallano convenzioni senza porsi il problema di cosa hanno realmente di fronte (anche in barba a precise normative: un comportamento da autentici sciacalli!).

 

Ma non è tutto.

Qui non si parla di ?attività sommersa? perché il lavoro nero viene di fatto svolto alla ?luce del sole?: c?è da chiedersi solo per quale ragione questo tipo di ?imprenditoria? venga tranquillamente tollerato dal sistema (o da una parte di esso).

Forse perché produce e distribuisce utili (e voti) in misura superiore a quello che avverrebbe in termini di gettito fiscale?

Non si sa, mentre si sa per certo che il caso di Foggia non è l?unico in Italia.

 

E allora, data la diffusione del fenomeno non ci vuol molto a comprendere come il ?sistema volontariato?, nato quale dedizione verso gli altri, possa in realtà venire distorto, all?occorrenza, fino al punto da essere usato per compromettere il potere contrattuale di un?intera categoria (gli autisti d?ambulanza in questo caso).

Infatti, se il potere contrattuale è la capacità di un gruppo di operatori di ottenere quanto previsto dal proprio contratto e dalle leggi correlate per svolgere al meglio il proprio servizio e vivere dignitosamente la propria esistenza (adeguati compensi ed equipaggiamento, idonea protezione e formazione, eccetera), è chiaro che tale potere ha una ricaduta socio-economica, nel senso che porta ad un miglioramento del servizio, ma comporta anche un aggravio di spesa per il datore di lavoro.

 

Ecco allora che, non di rado, il datore di lavoro, posto di fronte ad una simile eventualità, licenzia o metta in ?naftalina? i propri dipendenti, provvedendo a sostituirli con altri (??dietro di te ci sono altre 100, 1000 persone pronte e sostituirti??) o, come nel caso di un?azienda sanitaria, a coprire il servizio con una convenzione.

Ma in quei casi in cui il volontariato non va a rafforzare un servizio, bensì a sostituirlo, rinnega la sua origine e toglie pericolosamente forza a chi lotta per migliorare la sua condizione e quella del servizio stesso.

 

In quest?ottica, nessuna rivendicazione sarà presa in considerazione da quel datore di lavoro che può permettersi di pescare in un ampio bacino di ?volontari? disposti a lavorare in condizioni alle quali nemmeno i cinesi arrivano (??costretti a lavorare 365 giorni all'anno ? senza una copertura infortunistica ? o di malattia ?)!

 

L?inserimento di attività gratuita in ambito lavorativo va quindi di fatto a turbare pesantemente l?equilibrio dei rapporti di lavoro, compromette la possibilità di esprimersi sul servizio o di rivendicare sulla sicurezza ed in ultima analisi costituisce un?azione deleteria che stravolge la funzione stessa del volontariato.

 

Un volontariato cosciente, quindi -a questo punto- richiede innanzitutto la conoscenza delle proprie più recondite motivazioni: dedicarsi agli altri non presuppone rivendicazioni, mentre cercare un posto di lavoro non presuppone dedizione.

E poi richiede la consapevolezza che la scelta che si fa si interfaccia con diversi meccanismi: se no si rischia di divenire lo strumento, stavolta ?involontario?, di fini e scopi che nulla hanno a che vedere con il concetto, lodevole, di volontaria